Economia

Mercoledì 14 Settembre 2022

Olio Spagna, crisi produttiva e occupazionale: “Peggior raccolto del decennio”

Le ultime stime prevedono un calo produttivo fino al 50%, impatto devastante anche sul fronte occupazionale.

di Emanuele Fiorio

Scheda tecnica

In Italia secondo le prime stime la imminente stagione olivicola avrà una produzione di circa 250.000 tonnellate di olio d'oliva, quasi il 20% in meno rispetto alla stagione precedente.

Alle problematiche legate al cambiamento climatico si aggiungono anche l'aumento dei costi energetici e l'incremento delle materie prime come carta e vetro, essenziali per l'imballaggio.

Tuttavia, manca ancora più di un mese al raccolto e molto dipenderà dalle condizioni meteorologiche di settembre che, se favorevoli, potrebbero in parte compensare gli effetti dannosi del clima impazzito.

In Spagna la situazione appare addirittura peggiore, le ultime stime (peggiori rispetto alle precedenti) prevedono un calo produttivo che potrebbe raggiungere in alcune zone anche il 50% a causa della siccità con un impatto devastante anche sul fronte dell’occupazione nel settore, poiché stiamo parlando di un settore che per alcune funzioni impiega lavoratori non qualificati che altrimenti non sarebbero probabilmente in grado di trovare un'altra fonte di reddito durante questi mesi.

La campagna dell'anno scorso si è chiusa con 1,4 milioni di tonnellate di olio, un record impossibile da ripetere, secondo Cristóbal Cano, segretario generale di UPA (Unión de Pequeños Agricultores) Andalusia: "Nel migliore dei casi, raggiungeremmo il milione, ma è probabile che perderemo fino al 50% rispetto all'anno scorso. Speriamo di superare le 620.000 tonnellate del 2012/2013, ma, se guardiamo alle cifre degli ultimi dieci anni, questo sarà senza dubbio il peggior raccolto". 

Nella sola provincia di Jaén che produce la maggior parte dell'olio spagnolo, la Cooperativas Agro-alimentarias teme che il calo provochi perdite per oltre 1.000 milioni di euro. Tuttavia, gli agricoltori non saranno gli unici a subirne le conseguenze.

Cano sottolinea l'impatto che questa campagna avrà sull'occupazione, trattandosi di un settore che impiega migliaia di persone tra ottobre e febbraio: "Per darvi un'idea, una campagna media in Andalusia genera circa 10 milioni di giornate di lavoro solo per quanto riguarda la raccolta. Nel resto del lavoro si parla di altre 9 o 10 milioni di giornate, bisogna pensare alle importanti ripercussioni che questo può avere".

Primitivo Fernández, direttore generale dell'ANIERAC (Asociación Nacional de Industriales Envasadores y Refinadores de Aceites Comestibles) ha una visione più ottimistica: "Con i dati che abbiamo oggi, si prospetta una forbice di 1.150.000 o 1.200.000 tonnellate di olio". Le sue stime si basano sulla premessa che la stagione non sarà uguale in tutte le province: "Ci sono zone molto colpite, come Castilla-La Mancha o Jaen, ma a Cordoba, per esempio, i dati che abbiamo non sono così negativi".

Fernández inoltre pone l'attenzione su un altro fatto importante da tenere presente: quando inizierà la stagione, ci sarà ancora l'olio invenduto del raccolto precedente - "circa 500.000 tonnellate", in sostanza ritiene che la carenza non sarà un problema.

Questo servirà anche a rassicurare i mercati internazionali, poiché non bisogna dimenticare che la Spagna è, al momento, il primo produttore di olio d’oliva al mondo. "Siamo leader mondiali con largo margine sulla seconda (Italia), il che significa che non ci sarà un Paese che potrà metterci in ombra nonostante una stagione negativa", afferma Cano, segretario generale dell'UPA Andalusia.

Cano probabilmente non ha torto, dal momento che la carenza sta colpendo anche l’Italia - meno la Grecia che potrebbe approfittare del frangente favorevole - e la Spagna ha un grande vantaggio: "Chi stabilisce il prezzo e chi stabilisce la tendenza è il Paese che produce di più e non dobbiamo dimenticare che produciamo praticamente il 50% dell'olio d'oliva mondiale".